Digital life 3

 

Human connections

l'arte esplora le nuove tecnologie

In onda con GirlPower su AlternativeRadio

Il 22/11/2012

 

Una serie di video, foto, installazioni, quadri fotografici e macchinari trasposti in digitale, innovazione, creatività e ricerca.

Digital Life vuole essere non solo un percorso espositivo sui temi dell’arte e dei new media, ma anche un prezioso momento di approfondimento e riflessione su queste tematiche.

Momenti d’incontro e scambio cui prenderanno parte importanti player del settore che vorranno interrogarsi in modo critico e inusuale sulle nuove frontiere dell’innovazione tecnologica e dei suoi sviluppi e commistioni.
La mostra si sviluppa in 3 differenti aree espositive  della capitale : Il Macro Testaccio, L'ex Gil e l'Opificio Telecom Italia. L'ultimo è gratis per gli altri due il prezzo è di 6 euro a biglietto intero, 4 ridotto con la convenzione di avere uno sconto per il biglietto intero nel secondo museo che si va a visitare.
 
 
 
Il MACRO Testaccio indaga il rapporto tra arte visiva, arte digitale, performing arts e fotografia, centrando il suo sguardo nella quarta dimensione della creazione, in uno spazio in cui i confini fra i diversi linguaggi si dissolvono. 
 
L'esposizione si divide in due 3 aree, all'entrata si è accolti da una struttura imponenete fatta di enormi canne di bambù all'interno della quale è possibile entrare ed esplorare con una scala a chiocciola 
 
Concepita dai fratelli Starn come un organismo vivente in continuo cambiamento nella sua complessità ed energia, l’opera della serie Big Bambú si sviluppa fino a circa 25 metri di altezza grazie all’utilizzo di un materiale solido e flessibile, oltre che altamente simbolico, come il bambù. L’opera è costruita manualmente dagli artisti stessi e dal loro gruppo di esperti arrampicatori.  All’interno dell’architettura-scultura l’imprevedibile incrociarsi dei bambù diviene al tempo stesso elemento giocoso ed espressione della molteplicità della vita, dell’immaginazione e della creatività umana. La flessibilità e gli intrecci del bambù sono elementi fisici di costruzione ma anche elementi mentali di riflessione, il visitatore può abbandonarsi nello spazio di quest’opera d’arte in continua trasformazione, concepita come se la costruzione non fosse mai finita.  Un grande organismo vivo che si trasforma, si muove, si adatta al Tempo, che cresce non in dimensioni ma in sensazioni.
 
L'esposizioni procede all'interno di due capannoni, a sinistra si viene accolti da una serie di stand in cui sono esposti dei video a cominciare col’estetica di Jan Fabre, artista visivo promotore di una ricerca artistica tesa ad oltrepassare le bariere espressive: la metamorfosi,  il mito della trasformazione e della rigenerazione  inerente al mondo della natura e della condizione umana e l’eterna tensione tra maschile e femminile. lo spettatore e’ testimone della mite anarchia del desiderio di evadere dalle costrizioni assecondando la ricerca di identità.

Mangiare una cipolla come simbolo di prostrazione e sofferenza immane, poco convincente, sicuramente d'effetto ma priva di un reale estro creativo.

Appena entrati si è subito colpiti dal corpo nudo di questa donna che si contorce coperta d'olio, di certo il pensiero sessuale arriva alla mente dello spettatore, a mio avviso Jan Fabre ha voluto giocare proprio su questo, la fantasia sessuale mista al gioco di movimenti lascia chi lo guarda in un ascolto silente, magari tra la mente passano anche pensieri di incomprensione nei confronti di un'interpretazione più alta di quanto in realtà possa trasmettere l'opera in se, una perversione che prende vita.

 

Si prosegue con Masbedo, dall'Italia, e la sua opera "Until the End" . Un limbo nero in cui due piedi di danzatrice si sforzano a staccarsi da terra fino a ferirsi. Una trasfigurazione contemporanea della danzatrice di  degas, l’ossessività ancestrale di un corpo forzato tra movimento circolare e verticale.

Di certo la ripresa dello sforzo fisico dei piedi di una danzatrice non è una visione celestiale. Un grande schermo amplifica ancor di più la sensazione di fastidio e anche ribrezzo se non si hanno perversioni feticiste. Restare indifferenti dopo 10 minuti di piedi credo sia impossibile, ma neanche è classificabile come esperienza fondamentale della propria vita, realmente rimane difficile da dimenticare.

 

Continua Vito Acconci con un lavoro di forte carica provocatoria dove il corpo diviene mezzo di contatto con l’altro e con lo spazio. nella lunga carriera l’artista americano ha sempre creato lavori non privi di inquietudine e di forte impatto emotivo utilizzando il corpo come strumento di espressione.

 

Anche qui la sensazione di disgusto prende il sopravvento dopo qualche risata per l'assurdità della ripresa. Considerare arte una bocca che sputa e soffia saliva credo sia una roba da blasfemi praticanti. Se l'artista ha il compito di trasportare il proprio io all'interno della sua opera bè, in questo caso o l'autore ha in realtà una salivazione eccessiva oppure le idee scarseggiano e ci si butta sull'orrido splatter.

 

 

Una ripresa nei confronti del digitale ce la da Paola Gandolfi con l'opera " Macchina madre" in cui dietro la staticità sono nascosti infiniti movimenti, liberati per compiere un percorso. il viaggio all’interno della madre e’ una sorta di endoscopia psico-iconica alla ricerca degli oggetti perduti nel complicato universo materno.

Un'opera ben riuscita, grazie al digitale è riuscita a creare una sequenza d'immagini che lasciano lo spettatore incantato ad osservare l'evoluzione dell'idea che rappresenta uno dei temi universali dell'uomo, creazione, nascita e sentimento.

 

 

NAM JUNE PAIk dalla COREA con "GLOBAL GROOVE GOOd MORNING MR. ORWELL TIGER  LIVES" è stata così descritta: il flusso delle immagini e la loro diversa rielaborazione nelle tre opere storiche di Nam June Paik. Una  riflessione sul concetto di villaggio globale che miscela contributi di Cage, Ginsberg, Cunningham, Stockhausen a opere di video arte. Tributo a orwell, in un primo programma via satellite realizzato dall’artista, le stravaganze satellitari e transculturali di Paik 
uniscono paesi, spazi e tempi  in collages artistici e di cultura pop, di avanguardie e televisioni.  in una composizione di 
immagini e scene legate a significati di riti di forza e speranza, in contesti culturali e personali,  Paik sperimenta  attraverso 
l’esperienza del  fluxus l’unità di spazio e tempo  anche da una posizione politica.

Poco da dire a riguardo, un omaggio ad Orwell non troppo interessante.

 

 

 
Come anche il lavoro di Eddie Peake profondamente radicato nell’attività artistica performativa.  e’ solito esplorare temi quali: la comunicazione, le emozioni, l’ambiguità e l’identità sessuale, la definizione dello spazio. Nei tre lavori esposti Peake fa riferimento alle intense emozioni della vita attraverso parole e immagini. le prime derivano dai messaggi scritti in codice, tipici del linguaggio tecnologico di cellulari, chat, canzoni, slogan sportivi, le seconde raffigurano un atletico corpo femminile in pose molto definite che richiamano i tempi in cui la performance ha avuto inizio.
 
 

Suggestivo invece il lavoro i LECH MAJEWSkI dalla POLONIA con l'opera BRUEGEL SUITE, un raffinato utilizzo della tecnologia digitale porta 

lo spettatore dentro un dipinto del celebre maestro fiammingo a navigare fra pixel e colori per esplorare un paesaggio virtuale animato di nuova vita.

Divertente e affascinante, sembra davverto di trovarsi difronte a una finestra con davanti uno spettacolo di un'altra epoca. 

 

Romantico e molto intelligente il lavoro di ZBIG RYBCZYNSkI dalla POLONIA con THE FOURTH dIMENSION / THE ORCHESTRA autore di cinema d’animazione, video artista, creatore di effetti speciali, regista di clip musicali: Zbig Rybczynski esemplifica con il suo lavoro il potere dell’alta definizione e dell’innovazione sperimentale.  l’ingegnosità’ delle soluzioni tecniche e l’originalità concettuale delle sue opere sorprendono sempre talmente tanto lo spettatore da rendere l’artista uno tra i più popolari ed eclettici registi degli anni contemporanei.

Non avendo trovato il video della mostra vi do la possibilità di vedere uno dei suoi lavori che rispecchia interamente il suo stile e il suo grandissimo estro creativo.

 

 

PAUL THOREL dalla FRANCIA con l'opera "LEdA E IL CIGNO" opera sulle distorsioni accidentali e gli effetti neve causati dalla cattiva ricezione del segnale audiovisivo sullo schermo televisivo hanno in parte formato lo sguardo dell’artista. Questa attrazione verso l’alterazione dell’immagine lo 
porta ad essere uno dei primi artisti europei a esplorare le tecnologie digitali nel campo della fotografia all’inizio degli anni 80.
Una serie di foto interessanti dal punto di vista visivo, forme morbide e sinuose permettono di incamminare lo spettatore verso il mondo dei sogni in cui lo spazio non ha un fine ben delineato ed è ricco di immagini anche incomprensibili per una mente razionale.
 
 
Difficile classificare il poliedrico lavoro di Mike Kelley che passa dal video all’installazione, dalla fotografia alla scultura, dalla performance alla musica, tentando ogni volta di dimostrare un’idea attraverso il linguaggio più adatto. ispirato all’omonima opera di h. g. Wells in questo lavoro l’eclettico artista esplora la condizione di cecità come metafora della castrazione e delle paure sessuali e razziali.
Anche qui, di nuovo troviamo una susseguenza di immagini con oggetti e frutti che si sovrappongono su un corpo nudo, situazioni estremizzate di vizi e idiozia che mirano a prendere in giro la moderna società e gli stereotipi che ci portiamo dietro da anni.
 
 
CIRIACA+ERRE dall' ITALIA con l'opera "I’M BARE...dEdICATEd TO MY COMPUTER"  l’onda liberatoria del pianto condivisa con una macchina, perché il computer è il luogo della nostra intimità.  il computer nato come macchina fredda, sta diventando sempre piu’ un prolungamento della nostra parte emozionale.

 

Decisamente inquietante la serie di scatti in quest'opera, soprattutto per il reale riscontro che si può facilmente trovare nel mondo del web. Sono milioni le persone che subiscono questo tipo di dipendenza e utilizzano strumenti di comunicazione per sfogarsi con il mondo, anche semplicemente per ricercare qualcuno che le osservi. Trasmette in pieno il bisogno di comunicazione, lo strazio che è possibile raggiungere una volta entrati nella vita virtuale vedendola come reale, il mondo in una scatola compressa.